Il Diamante Hope

La leggenda racconta che il diamante di Hope fosse l’occhio della statua all’idolo indiano, dedicato alla Dea Rama-Sitra, situata molto probabilmente presso Tempio di KollurKollur (una piccola città-tempio, famosa per il tempio Mookambika, nello stato di Karnataka) a Golconda (una città ormai ridotta in rovina), in India. Si narra che un mercante francese, Jean-Baptiste Tavernier, sottrasse l’occhio dall’incavo della statua dell’idolo indiano, scatenando l’ira della divinità, per alcuniJean-Baptiste Tavernier Rama-Sitra e per altri Mookambika, che ne maledisse la pietra, altri ancora sostengono la teoria psicometrica, e ne mise al suo interno lo spirito vendicativo “Chandramaulishvara”; la maledizione della Dea avrebbe colpito tutti coloro che avessero osato fissarkla con bramosia o l’avessero posseduta. Nel 1668 il diamante Hope venne venduto, da Tavernier, a re Luigi XIV, conosciuto con il nome di “Diamante blu della corona” (o “Bleu de France” – come sostiene lo storico Scott Sucher); ritagliato da Sieur Pitau e successivamente da Andre Jacquemin, gioiellieri di corte presso Luigi XIV e XV, venne prima fissato nell’oro e poi trasformato in un pezzo da gioielleria per l’ordine del Toson D’Oro (Toison D’or). Una storia parallela racconta che inizialmente Luigi XIV avesse incaricato il suo gioielliere personale di tagliare il diamante a forma di cuore,per donarlo alla sua amante ufficiale, Madame De Montespan. Cresciuta in una nobile famiglia di Francia, il casato di Rochechouart, Madame De Montespan fu chiamata da alcuni “la vera regina di Francia”, durante la sua relazione con Luigi XIV, dovuto alla sua perversività della sua influenza a corte in quel periodo; Montespan divenne famosa per il suo coinvolgimento nel famigerato “affaire des poisons” tra il 1670 e il 1680. Luigi XIV e Luigi XV sfoggiarono il diamante Hope, vanto della corona francese, in numerose occasioni cerimoniali ma, furono entrambi colpiti dalla maledizione e morirono tra atroci sofferenze: lo spirito vendicativo colpi Luigi XIV per una gangrena a un piede e Luigi XV con un vaiolo di tale virulenza da causare l’inizio della decomposizione mentre il sovrano era ancora in vita. Il diamante Hope passo nelle mani di Maria Antonietta, che fu unito, dal gioielliere di corte, con altre pietre preziose a formare una collana ma, nel 1971 sia lei che il marito Luigi XVI furono catturati, dopo un tentativo di fuga, e decapitati durante la rivoluzione francese. I gioielli della corona reale francese vennero consegnati al governo ma, nel settembre del 1792, durante il saccheggio del tesoro reale francese, il “Blue Diamond” francese scomparve. Il Diamond Hope passò misteriosamente nelle mani del gioielliere (di corte) che morì d’infarto alla scoperta dell’identità del ladro che gli rubò la famosa pietra, ovvero il suo stesso figlio. Il figlio del gioielliere, autore del furto, non appena seppe di essere la causa della morte del padre, si suicidò. Un suo amico, che aveva trovato il diamante tra i beni lasciati incustoditi, morì dopo pochissimo tempo. Nel 1812 un diamante, con le stesse caratteristiche, descritto da John Francillon è stato documentato come in possesso di un mercante londinese, Daniel Eliason. Forti prove indicano che la pietra è stata acquistata da re Giorgio IV d’Inghilterra. Alla sua morte, nel 1830, i debiti del re erano così enormi che il diamante blu è stato probabilmente venduto attraverso canali privati.

Nel 1839 il diamante Hope raggiunse Londra, dove fu nuovamente tagliata fino a raggiungere il peso di 44,5 carati, e il suo nuovo proprietario, il banchiere Henry Philip HopeHenry Philip Hope; egli pagò una vera fortuna per assicurarsi la gemma e ribattezzarla con il suo nome, ma la maledizione dell’idolo indiano si manifestò, subito dopo aver ricevuto il diamante, insinuandosi e distruggendo il matrimonio dello stesso. La donna, Mary Yohe, cantante in carriera, cadde in miseria, mentre il banchiere si affrettò a liberarsi del diamante. Dopo la morte di Henry Philip Hope nel 1839, dopo molte controversie, il diamante passò al nipote Henry Thomas Hope e infine al nipote Francesco Hope. Nel 1901 Francesco Hope chiese e ottenne il permesso, dalla Court of Chancery e le sue sorelle di vendere il diamante per pagare i suoi debiti. Il proprietario successivo, Jacques Colot, impazzì e si suicidò dopo averlo venduto al principe Kanitowskij, che a sua volta morì atrocemente, linciato dai rivoluzionari russi. Neanche la ballerina alla quale il principe aveva regalato il diamante si salvò: fu uccisa dallo stesso principe in un raptus di gelosia. Ne entrò in possesso un gioielliere greco, Simon Matharides, che si sfracellò in un burrone prima ancora di ricevere materialmente la pietra. Il successivo proprietario fu il sultano Abdul Hamid, che dopo un anno dall’averlo acquistato fu deposto e impazzì.

Nel 1909 Pierre Cartier acquistò, prima del viaggio di nozze a Parigi, dal successore del vecchio sultano e cercò di venderlo, una prima volta, alla signora Evaly Walsh McLean, di Washington, ma l’affare non riuscì. Nel 1912 Cartier si recò, con il diamante Hope, negli Stati Uniti con la signora McLean, dove ilHope Diamond diamante venne montato su di un copricapo a tre livelli con 16 diamanti chiari; diversi anni dopo divenne il ciondolo di una collana di diamanti, il suo aspetto attuale. Questa nuova strategia assicurò la vendita del diamante alla signora McLean. Da quel giorno si scatenò un autentico bollettino di guerra: nell’ordine morirono la madre di McLean, due cameriere ed il figlio primogenito di appena 10 anni, mentre i coniugi McLean divorziarono. Seguì l’alcoolismo del marito che lo distrusse definitivamente. La moglie Evelyn decise di sfidare la sfortuna e tenne il Evaly Walsh McLeandiamante per sé, continuando a indossarlo finché la figlia non si suicidò nel 1946 con i barbiturici; la signora McLean ne rimase la proprietaria fino alla sua morte, avvenuta nel 1947. Nel 1949 il gioielliere, un “privato”, Harry Winston Inc., di New York, acquistò tutta la collezione di gioielli della McLean, insieme al diamante Hope, compreso l’omonimo diamante (il diamante McLean). Il 10 novembre 1958, Harry Winston donò il diamante di Hope allo Smithsonian Institute di Washington, dove è custodita tuttora, ed esposta al pubblico in una teca dotata di tutti i più moderni sistemi di sicurezza. Non molto tempDiamante Hopeo fa il diamante Hope è stato prelevato dal Museo Nazionale, dalla sala “gemma” di storia naturale, e portato al laboratorio di mineralogia; i geologi hanno condotto un esperimento sul diamante Hope per scoprire e imparare l’origine del suo colore blu. Ogni gioiello ha una sua formula molecolare unica, che è determinata da quanto i suoi atomi si legano insieme nel calore estremo della crosta del pianeta, ma la formula per il blu profondo oceano è raro , che si verifica solo in un caso su diverse centinaia di migliaia di diamanti.

Fonti:

Wikipedia

Museo Smithsonian

 

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